I viaggi fotografici e i reportage partecipativi proposti da Ayzoh! hanno l’obiettivo di rappresentare l’intreccio, il consolidamento e l’integrazione delle nostre differenze attraverso diverse condizioni, culture e latitudini.
Non cerchiamo l’esotico, un concetto ormai obsoleto. Cerchiamo il familiare che ci unisce e lo straordinario che ci differenzia.
Vogliamo capire quali sono gli elementi che — nel XXI secolo — sono ancora in grado di restituire un vero senso di comunità, quel sentimento che nasce dall’appartenenza a un luogo o un gruppo ma che, per non ridursi in ghetto, si nutre attraverso la diversità.
Un sentimento che paradossalmente — mentre la globalizzazione rende tutto sempre più concatenato — sembra lasciare il campo a un’ideologia che vede gli esseri umani come individui timorosi e bisognosi di recinti per sentirsi protetti e al sicuro.
E dove questo succede, il risultato è che l’Altro viene soppiantato dall’Uniforme e le comunità si trasformano in circoli chiusi: ghetti abitati da individui pavidi, aggressivi, rancorosi e tristi.
Ogni viaggio è un atto di resistenza contro questa tendenza distruttiva.
Una resistenza che si esprime attraverso la fotografia partecipativa e la creazione di pubblicazioni dove le immagini vengono spesso usate spesso in simbiosi con parole che prendono molto in prestito dalla letteratura, dalla poesia, dall’antropologia, dall’economia, dalla sociologia e dalla psicologia, nonché dalle neuroscienze e dalla biologia evolutiva.
Sappiamo perfettamente che non facciamo nulla di nuovo o rivoluzionario. Per secoli le scienze sociali e le arti hanno dimostrato come l’Uomo sia una creatura che nasce come un essere dotato di una naturale empatia verso tutti i propri simili.
Sappiamo anche che — sia in Italia che nel mondo — ci sono molti progetti simili al nostro alcuni dei quali sono di straordinaria qualità e importanza.
Tuttavia, riteniamo che quello di Ayzoh! — e di tutti coloro che ci sostengono — sia un piccolo ma importante contributo alla costruzione di spazi condivisi tra mondi diversi.
Esploriamo dove viviamo. Esploriamo dove non viviamo.
Come fotografi abbiamo a lungo documentato divisioni e ingiustizie di ogni sorta. Oggi — attraverso questi progetti narrativi partecipativi — vogliamo invece concentrarci sulla ricerca di ciò che abbiamo in comune, senza paura di voltare le spalle al cinismo dilagante e senza il timore di apparire utopisti, ingenui, banali o, a volte, anche un po’ retorici.
Questa è l’essenza dei nostri viaggi: insieme ai nostri compagni di avventura e in collaborazione con le comunità che ci ospitano, vogliamo intercettare un flusso di storie — piccole o grandi, vicine o lontane — in grado di raccontare “un sogno di antica speranza”: unire e includere anziché dividere o separare.
E’ tutto qui. E questo vuol dire quel “restiamo umani” tanto evocato. Vuol dire non perdere mai la visione di un senso di comunanza tra diversi. Crediamo che questo sia l’unico modo per sentirci veramente al sicuro.