“Camp Erech”: resoconto fase #1

Alcune considerazioni in ordine sparso

La prima parte del progetto — viaggio, permanenza a Camp Erech e creazione dei contenuti — è stata portata a termine con successo. Il cuore del progetto come sapete, è Riccardo e la sua storia.

Qui dico solo poche parole: sono felice di averlo finalmente incontrato e di aver avuto il privilegio di vivere con lui e le sue care (a Camp Erech vige il matriarcato ❤️) toccando in profondità e senza filtri così tanti temi, incluso alcuni molto delicati.

Adesso posso confermare che la sua storia andava assolutamente raccontata. Tutti loro sono diventati molto importanti per me.


Geograficamente…

dal punto di vista naturalistico, almeno per quel che riguarda la regione da noi visitata (Adrar), la Mauritania è bellissima e molto accogliente: consiglio vivamente di visitarla.

Il deserto ha soddisfatto tutte le mie aspettative: nonostante il gran caldo e la sabbia che entra dappertutto, mi sono sentito a casa e cioè in un posto dove era bello e giusto essere.

Nouakchott (la capitale) invece non mi è piaciuta granché ma è senz’altro interessante da esplorare in profondità per cercare di capire tutte le contraddizioni di una grande città africana.

In più — contrariamente a quanto si legge in certe informative farlocche o antiquate — la Mauritania si è anche dimostrata un Paese molto sicuro: non ci siamo mai sentiti in pericolo. In 45 giorni non ho assistito a un solo episodio di violenza e nemmeno a un litigio particolarmente acceso: nel corso dei miei viaggi in 50+ Paesi non mi è mai successo.

Non so spiegarne il motivo ma pare che questa tranquillità (che non vuol dire che manchino tensioni socio-politiche più o meno sotterranee) sia dovuta principalmente all’assenza di alcool e droghe.


Tecnicamente e fisicamente

è andato tutto bene. Le attrezzature fotografiche hanno funzionato alla perfezione anche in condizioni decisamente estreme. A parte due filtri UV che sono stati praticamente sabbiati (!!!) durante una tempesta e un pennellino antipolvere distrutto per troppa usura, tutto è rimasto come nuovo.

Noi stessi, a parte una spina in un piede di Giulia, non abbiamo avuto alcun problema. All’inizio abbiamo sofferto un po’ il caldo e la mancanza di acqua fresca ma poi — appena abbiamo iniziato a bere quella del pozzo raffreddandola con quello che i mauritani chiamano “il frigorifero locale” — ci siamo adattati alle condizioni e non ci mancava più niente. Bevevamo 20+ litri d’acqua al giorno…


Economicamente…

Ayzoh! — grazie alle risorse garantite da lavori precedenti — è riuscita a sostenere tutto con le proprie forze. Invece il crowdfunding non sta andando bene. In realtà non avevo grandi aspettative su di esso perché bisogna guardare in faccia la realtà: semplicemente non siamo attrezzati per operazioni del genere.

In più, su certe piattaforme tipo Produzioni dal Basso è difficile farsi notare quando si condivide lo stesso spazio con mega entità come il Comune di Milano o di Venezia (personalmente trovo scandaloso che Enti Pubblici foraggiati dalle tasse facciano crowdfunding). Comunque la cifra che è arrivata finora ci è stata molto utile (grazie a chi ha contribuito!) e, poiché non si sa mai, lo lasceremo attivo fino al 31 dicembre.

Ma non siamo pazzi o almeno non lo siamo del tutto; sappiamo già che i fondi arriveranno per altre vie: vendita dei prodotti editoriali che nasceranno da questo progetto, mostre, festival e — soprattutto — commesse pagate favorite da ciò che abbiamo realizzato in Mauritania.


Umanamente…

una dopo l’altra, certe esperienze — soprattutto quando sono così estreme — servono principalmente a immergerci nella condizione umana, ad ampliare il nostro bagaglio cognitivo e a tracciare percorsi più chiari sulla nostra mappa emotiva.

Questo viaggio non fa eccezione e mi ha portato molti regali. La mia vita si è arricchita grazie a Riccardo e alla sua famiglia: li metterò nel mio scrigno di famiglia. Ho avuto poi la grande fortuna di incontrare una persona fantastica come Francesca che tanto ha fatto per noi: so che diventeremo grandi amici.

Ho poi avuto la conferma che Giulia è una compagna di viaggio ideale. Pochi/e avrebbero vissuto in quasi totale armonia — con età e personalità tanto diverse — per periodi tanto lunghi in condizioni così difficili. Certamente qualche volta ci siamo un po’ scornati per errori sia miei che suoi. Questo fa parte del gioco ma quando le persone sono capaci — con sincerità — a dire “scusa”, i rapporti possono solo rafforzarsi per poi salire a un livello più alto.

Ovviamente non tutto è filato liscio: qualcuno ci ha abbandonato, altri non hanno mantenuto le promesse, altri ancora hanno alimentato il mio più profondo disprezzo verso chi ottiene vantaggi personali attraverso ipocrisia, falsità, mancanza di rispetto e slealtà. E’ normale: succede e ne va fatto tesoro.

Anche a questo servono certi viaggi: ad aiutarci a distinguere il vero dal falso, l’importante dal superfluo, il solido dall’effimero. Servono a decidere da che parte vogliamo stare. Servono a mettere a fuoco come, dove, con chi e perché vogliamo usare le nostre energie.

In definitiva, come dice il testo di Antoine de Saint-Exupéry che fa da colonna portante al progetto, certe esperienze — vissute in prima persona ma anche raccontate da altri — servono soprattutto a capire “quali sono e quanto valgono davvero le tue divinità”

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